Mastoplastica additiva - alla ricerca del risultato naturale
Nonostante in televisione e sui giornali ci vengano proposti quotidianamente seni di taglie smisurate, le persone che si rivolgono al chirurgo plastico desiderano per lo più un seno di una taglia “ragionevole” e di una forma la più naturale possibile. E’ per questo motivo che sono entrate in commercio protesi dalle forme e volumi più vari, proprio per poter soddisfare le esigenze di tutte. Gli impianti di forma anatomica sono sicuramente i più richiesti; questa forma, leggermente ovoidale con una graduale sfumatura del volume nella parte superiore e più proiettata in basso , simile a quella del seno naturale, consente di ottenere risultati molto personalizzati e di evitare un eccessivo riempimento del polo superiore della mammella. In questo modo si riduce quell’ effetto push-up che, se gradevole con alcuni vestiti, risulta molto innaturale a seno scoperto.
Se quindi per la forma del seno grazie a tali protesi le pazienti hanno la possibilità di soddisfare il loro volere , non sempre invece è possibile che siano accontentate su di un altra caratteristica molto apprezzata: la morbidezza. E’ infatti noto che attorno alle protesi mammarie, sempre e con qualsiasi tipo di impianto, il nostro corpo produce una sorta di tessuto fibroso, detto capsula periprotesica. Tale capsula, che non è altro che una reazione ad un materiale estraneo, la maggior parte delle volte è sottile determinando una gradevole morbidezza alle mammelle. Capita però nel 10-15% dei casi operati con protesi rivestite in silicone che tale tessuto fibrotico possa diventare più duro determinando una contrazione della capsula periprotesica. Se per fortuna la maggior parte delle volte tale contrazione non necessita di ulteriori interventi di revisione, il risultato estetico e soprattutto la morbidezza della mammella comunque possono venire alterati.
Per questo motivo è stata creata un’alternativa che permettesse di dare maggiori garanzie di risultato alle pazienti che chiedono un’ intervento di mastoplastica additiva. Questa alternativa la si trova nelle protesi rivestite in schiuma di poliuretano. Il materiale è utilizzato dai primi anni ottanta soprattutto per interventi di tipo ricostruttivo, mentre sta iniziando a diffondersi da pochi anni in Italia per interventi che hanno lo scopo di aumentare il volume del seno. Con esse si riducono drasticamente i casi di contrattura capsulare (dal 10%-15% a meno dell’ 2%) e, grazie alla maggior porosità della superficie dell’ impianto, è garantita una maggiore stabilità di posizione.
Per queste caratteristiche le protesi rivestite in schiuma di poliuretano sono la prima scelta nei casi di interventi volti a risolvere contratture capsulari importanti a seguito di impianti di protesi in silicone e possono anche essere d’aiuto per correggere i casi in cui si è avuto uno spostamento della protesi. La sicurezza dal punto di vista oncologico è ampiamente dimostrata da risultati scientifici che , sia per questo tipo di protesi che per quelle rivestite in silicone , affermano che non c’è attualmente alcuna evidenza medica che dimostri che le donne portatrici di protesi mammarie siano esposte ad un rischio aumentato di tumore al seno. L’intervento viene eseguito in anestesia locale in Day Hospital o in anestesia generale con una degenza di una notte.