Criolipolisi
L’eccesso di grasso corporeo, cellulite ed adiposità localizzata, rappresentano un problema da trattare che si affaccia quotidianamente nei nostri studi. Tante sono state e sono le tecnologie usate, invasive o meno come: la liposuzione, la cavitazione, la radiofrequenza, la carbossiterapia, ecc. Tra queste, una nuova procedura, approvata dall’FDA, non invasiva, è data dalla combinazione di due tecnologie: la criolipolisi e le onde d’urto. La criolipolisi è una tecnica datata ma ripresa negli ultimi anni per i suoi buoni risultati, le onde d’urto, invece, anche se conosciute dal 1980 come applicazione fisioterapica antalgica e nella frammentazione dei calcoli renali, non sono state mai usate in medicina estetica. La criolipolisi ha un’elevata selettività nella distruzione delle cellule adipose. Utilizza l’esposizione controllata al freddo per ottenere una riduzione graduale e selettiva del grasso sottocutaneo senza danneggiare i tessuti circostanti. Si è visto che gli adipociti sono più sensibili al freddo rispetto ad altre strutture anatomiche come pelle, nervi e muscoli. Le cellule adipose esposte a temperature vicine allo zero perdono o diminuiscono in vitalità, soprattutto quelle più mature. Il danno criogenico dipende dall’intensità del freddo e dai tempi di esposizione ad esso. Lievi insulti freddi daranno luogo solo ad una risposta infiammatoria, ma se l’insulto è maggiore sarà più elevata la possibilità di distruzione del tessuto adiposo. Gli effetti distruttivi del freddo sono due: il primo immediato ( la formazione di ghiaccio extracellulare, che si ottiene tra i -4 e i -21 C°, crea un ambiente iperosmotico che richiama acqua intracellulare; le cellule raggrinziscono e vengono danneggiate sia le membrane cellulari che i componenti intracellulari; i cristalli di ghiaccio che si formano a livello intracellulare creano rottura delle membrane cellulari a causa dell’espansione del volume intracellulare) il secondo ritardato ( è l’induzione all’apoptosi dovuta, oltre che al freddo, alla produzione di mediatori di flogosi). Nell’uno e nell’altro caso l’intervento dei macrofagi comporta un riassorbimento graduale dei cataboliti principalmente attraverso il sistema linfatico.
ONDE D’URTO
Studi, effettuati ad hoc, nella metà degli anni 80, hanno aperto ulteriori orizzonti sulla effettiva potenzialità dell’onda d’urto. E’ stato dimostrato che il loro effetto è legato al rilascio di mediatori come il VEFG (fattore di crescita dell’endotelio vasale), con un significativo aumento dell’angioneogenesi e della circolazione sanguigna locale e, all’induzione del fenomeno di cavitazione. In medicina estetica vengono utilizzate soprattutto per contrastare la cellulite di tipo fibrotico. Si tratta di onda acustiche ad alta energia caratterizzate da un’elevata ampiezza e pressione, ma leggere e indolori, che inducono la formazione di fronti d’onda che viaggiano nei tessuti alla velocità del suono, generati da impulsi di intensità elevata ma distanziati tra loro nel tempo in modo da non produrre alcun effetto termico. Sul fronte d’onda si passa dalla pressione atmosferica ad un picco massimo in pochi nanosecondi per poi ritornare ai livelli di partenza. Quando attraversano un fluido danno origine alla formazione di bolle di gas (vapore acqueo) ed alla loro implosione (cavitazione) con conseguente fenomeno del jet-stream, responsabile dell’attività sul tessuto fibrotico. A differenza dell’onda ultrasonica, che ha un andamento sinusoidale, l’onda d’urto è un singolo impulso di pressione, ripetuto a frequenza variabile ( nel nostro caso da 1 a 16 Hz ), con valori mediamente 1000 volte più elevati ( 500 bar rispetto a 0,5 bar ). I dati che andiamo ad osservare, su questa nuova “combinazione”, provengono da uno studio clinico condotto dal Prof. FERRARO del Dipartimento di Scienze Ortopediche, Traumatologiche, Riabilitative e Plastico–Ricostruttive dell’Università di Napoli. Lo scopo era di osservare gli effetti sul grasso localizzato associato a cellulite fibrotica, in aree potenzialmente destinate alla liposuzione, valutando oltre alla riduzione nella misurazione in centimetri delle aree trattate: l’alterazione del tessuto adiposo, il grado di apoptosi cellulare dello stesso, il livello di lipidi plasmatici e i marcatori sierici di danno epatico, notoriamente coinvolti in caso di liposuzione.
MATERIALI E METOTOLOGIA
L’apparecchiatura usata è la PROSHOCK-ICE (brevetto italiano) che utilizza: Un manipolo ghiaccio (freezing probe), principalmente per il tessuto adiposo, con temperatura variabile da +5 a -5 C° Un manipolo shock (shock probe), principalmente per la cellulite fibrotica, con onde d’urto a frequenza variabile da 1 a 16 Hz, pressione variabile da 50 a 500 bar e durata d’impulso di 8 ms SPERIMENTAZIONE Sono stati arruolati 50 pazienti ( 37 donne e 13 maschi ) con età variabile dai 21 ai 62 anni, tutti con adiposità localizzata e cellulite e suddivisi in base alle zone da trattare: addome, braccia, glutei, esterno coscia. I criteri di esclusione sono stati: osteoporosi, flebiti, presenza di protesi metalliche, IUD e pace-maker, gravidanza, arteriopatie e malattia neoplastica ( in pratica quelle che sono le controindicazioni all’uso di queste metodologie ). Tutti i pazienti durante il trattamento hanno assunto 2 litri di acqua al giorno e hanno seguito una dieta moderatamente iperproteica. Ogni trattamento è stato effettuato secondo un protocollo dipendente dall’area da trattare e con una durata variabile da un minimo di 20 a un massimo di 60 minuti. Per l’adiposità localizzata il trattamento è stato effettuato applicando dapprima il manipolo ICE-LIPOLISIS per 30 minuti con temperatura tra 0 e -5 C° e successivamente il manipolo SHOCK-PROBE per 10 – 15 minuti. Per la cellulite edematosa il manipolo ICE-LIPOLISIS è stato applicato per 5 minuti ( non si vuole ottenere necrosi o apoptosi ma ginnastica vascolare) seguiti da 5 minuti di applicazione dello SHOCK-PROBE. Nella cellulite fibrotica è stato applicato per 10 minuti lo SHOCK-PROBE seguito da 10 minuti di ICE-LIPOLISIS e quindi ulteriori 10 minuti di SHOCK PROBE, per un totale di 30 minuti per zona da trattare. Il periodo di prova è durato 8 settimane consecutive con una frequenza di una seduta ogni 15 giorni, con un totale medio di 3,73 sessioni. Prima dell’inizio del trattamento e al termine sono stati registrati: peso, altezza, età e misurazioni perimetrali delle zone da trattate.
INDAGINE AD ULTRASUONI ( ECOGRAFIA )
E’ stata effettuata prima e dopo il trattamento con l’intento di valutare la riduzione dello strato adiposo ipodermico e l’integrità delle strutture circostanti.
VALUTAZIONE DI LABORATORIO
Livelli ematici di COLESTEROLO (LDL e HDL), TRIGLICERIDI. I controlli sono stati effettuati 24 ore prima dell’inizio delle sessioni, subito dopo ( entro 12 ore ), dopo 72 ore e dopo 7 giorni. Idem per GOT, GPT, gamma GT, BILIRUBINA tot e ALBUMINA, aggiungendo, per questi ultimi, un controllo dopo 15 giorni.
VALUTAZIONE ISTOLOGICA
Per la valutazione istologica il tessuto adiposo trattato è stato rimosso per mezzo di lipectomia con biopsie della pelle, ma non con lipoaspirazione, al fine di evitare eventuali danni meccanici. Vediamo nell’immagine - A Tessuto adiposo addominale non trattato - B Tessuto adiposo addominale trattato con ProShock-Ice lipolisis, è evidente un processo infiammatorio - C gli adipociti appaiono irregolari, raggrinziti con alterazioni - D I lipidi fuoriusciti dalle cellule adipose danneggiate restano intrappolati nel sottocutaneo da dove verranno gradualmente riassorbiti.
RISULTATI
La tabella 1 riassume le caratteristiche dei pazienti e le misurazioni effettuate. Tutti i 50 pazienti iscritti hanno completato i trattamenti previsti. La suddivisione per aree trattate è stata: 14 addome, 18 cosce, 8 braccia, 6 glutei, 4 caviglie. Ad eccezione dei pazienti trattati nell’area addominale tutti gli altri sono stati trattati bilateralmente per ogni sessione. A fine trattamenti la riduzione media nelle misurazioni perimetrali è stata di: 6,86 cm per l’addome, 5,78 cm per le cosce, 2,75cm per le braccia, 5 cm per i glutei, 2,25 cm per le caviglie. E’ evidente, ma anche prevedibile, che le aree che hanno ottenuto migliori risultati sono state addome e cosce. Nessuna differenza, statisticamente significativa, tra maschi e femmine, mentre i soggetti trattati per cellulite fibrosa oltre a una riduzione in centimetri hanno beneficiato di una notevole attenuazione della “buccia d’arancia” (mostrare le foto). Da notare come il peso dei pazienti sia rimasto costante durante il corso del trattamento, suggerendo fortemente che la riduzione del grasso (riscontrata anche ecograficamente) sia da attribuire al trattamento stesso. Le analisi istologiche (mostrare vetrini) hanno confermato la selettiva e graduale riduzione del tessuto adiposo, la neoangiogenesi con aumento dell’ossigenazione tissutale e l’aumento dell’azione fagocitica dei macrofagi che attraverso l’apparato linfatico porta ad una lenta rimozione degli adipociti distrutti. Inoltre il metodo Annessina V-FITC e PI, comunemente usato per valutare la proporzione tra cellule vitali, apoptotiche e necrotiche ha evidenziato la differenza nel rapporto tra le diverse condizioni delle cellule esponendo il tessuto a +5 o a – 5 C°. Le cellule vitali passano dal 77 al 70%, quelle in apoptosi dal 14 vanno al 25%, le necrotiche dall’8 diventano il 3%. Le procedure sono state ben tollerate dai pazienti e la valutazione soggettiva ha mostrato una evidente soddisfazione di tutti loro. Lievi aumenti di colesterolo e trigliceridi (comunque rimasti nei limiti della norma), nessuna alterazione dei marcatori di danno epatico. Né durante né dopo i trattamenti sono stati riportati gravi eventi avversi quali: parestesie, ematomi, ecchimosi o edemi. Riteniamo, quindi, che questa tecnologia NON INVASIVA potrebbe essere una valida alternativa alla liposuzione e destinata a quei pazienti che richiedono l’eliminazione di piccole o moderate quantità di tessuto adiposo plicabile o della eliminazione di cellulite fibrotica ad esso associata con riduzione o assenza delle complicanze legate alla liposuzione.