Mastopessi

A cura di Dott. Cristiano Biagi

- Che cosa significa letteralmente mastopessi e quando si fa questo tipo di intervento?
Mastopessi vuol dire sollevare le mammelle, cioè riportare “in alto” un seno “caduto” eccessivamente per effetto del tempo o di altri fattori. La mastopessi, anche detta “lifting delle mammelle”, permette di riposizionare la ghiandola mammaria ed il complesso areola-capezzolo nella corretta posizione, spostandoli più in alto.

- Perché si verifica la ptosi del seno? È possibile prevenirla?
il fisiologico processo di invecchiamento dei tessuti comporta una ptosi, cioè una “caduta” verso il basso, per gravità, delle mammelle: ciò dipende dalla perdita di tono e dall'allungamento dei legamenti di Cooper, che, come “tiranti” o se vogliamo come una sorta di “reggiseno naturale interno”, tengono le mammelle ancorate alla fascia del muscolo pettorale; quando sottoposti a stress eccessivi, oppure per semplice usura, essi cedono e non “trattengono” più le mammele. Le mammelle ptosiche in alcuni casi possono essere di dimensioni maggiori del normale: si tratta delle situazioni di ipertrofia mammaria o gigantomastia, dove una ghiandola mammaria per natura eccessivamente grande, a causa del suo peso, cade in basso: la mastopessi in questi casi si associa ad una riduzione mammaria ( mastoplastica riduttiva). In molti altri casi invece le mammelle ptosiche risultano essere francamente più piccole del normale, svuotate nel loro polo superiore, con pelle in eccesso, spesso raggrinzita e ricca di smagliature: sono le situazioni che riscontriamo frequentemente nelle donne che hanno avuto una o più gravidanze, con o senza allattamento, oppure nelle donne che hanno subito importanti dimagrimenti: la variazione brusca di volume delle mammelle comporta alla fine un cedimento delle strutture di sostegno: in tali casi la mastopessi spessissimo si associa all'impianto di una protesi mammaria ( mastoplastica additiva) o ad altre procedure di aumento, come il lipofilling, al fine di correggere non solo la posizione, ma anche il volume del seno. La prevenzione della ptosi è francamente molto poco praticabile nella realtà: evitare sbalzi ponderali eccessivi e indossare reggiseni assai sostenitivi sono le uniche “armi” a disposizione delle donne; spesso ciò è inutile, in quanto la tendenza alla ptosi mammaria è fisiologica ed i fattori individuali-genetici sono molto importanti. Inefficace, anzi teoricamente peggiorativa, in quanto asciuga ancor di più la mammella, è l'attività sportiva.

- Esistono diverse metodiche? In quali casi si applica una piuttosto che un'altra?
Le tecniche chirurgiche di correzione della ptosi mammaria sono moltissime, ma per semplicità e per facilitarne alle pazienti la comprensione conviene riferirsi alle cicatrici che ogni tecnica comporta: possiamo quindi riassumere le varie tecniche in 3 tipologie principali: mastopessi a cicatrice periareolare – “round block”; mastopessi a cicatrice periareolare e verticale; mastopessi a cicatrice periareolare, verticale e orizzontale ( la c.d. “T invertita”). La scelta della tecnica corretta dipende soprattutto dal grado di ptosi, cioè da quanto la mammella “appoggia” sul torace (ptosi ghiandolare) e da quanto l'areola è scesa in basso (ptosi del CAC – complesso areola capezzolo).
In linea di principio, quanto più la mammela è scesa, tanto più bisogna “lavorare” sulla ghiandola e sulla pelle per riportarla in alto: se quindi per una ptosi lieve basterà asportare solo un anello di pelle attorno all'areola, che spesso viene anche ridotta di dimensioni, con una sutura finale circolare (mastopessi cutanea round block – periareolare), nelle ptosi più importanti bisogna necessariamente, al fine di garantire un risultato stabile nel tempo e cicatrici di ottima qualità, rimodellare tutto il parenchima mammario e fissare la ghiandola più in alto alla fascia del muscolo pettorale, asportando pelle non solo attorno all'areola, ma anche in basso, nel suo polo inferiore: mastopessi a cicatrice verticale. Nei casi di grave ptosi alla cicatrice verticale si dovrà “aggiungere” una cicatrice orizzontale nel solco mammario.

- Quali sono i principali benefici e inconvenienti di ognuna?  Come sono le cicatrici? Sono visibili? Sono migliorate le tecniche per ridurne l'entità?
La scelta della tecnica corretta, nel singolo caso, darà il massimo di risultato in termini di stabilità nel tempo e qualità delle cicatrici: bisogna capire che il chirurgo plastico non ama “lasciare” troppe cicatrici, e quindi cercherà sempre di eseguire suture estetiche e della minor lunghezza possibile; tuttavia il numero e l'estensione delle cicatrici sono, direi, “obbligatorie”: ad esempio, applicare la tecnica a cicatrice periareolare semplice in un seno troppo sceso, produce una cicatrice larga e di pessima qualità, proprio perché la tecnica corretta comporta un rimodellamento della ghiandola mammaria più importante, con una cicatrice residua verticale. In parole povere, spesso si corre il rischio – nel tentativo di lasciare meno “segni” possibile sulla pelle - di ottenere un risultato esteticamente povero, una recidiva precoce della ptosi e cicatrici orribili! Meglio una buona cicatrice in piu', ben presto poco o per nulla visibile, che una cicatrice in meno, ma estremamente larga o spessa. D'altro canto esistono tecniche nuove che permettono di “accorciare”molto le cicatrici, soprattutto la verticale e l'orizzontale nel solco mammario; come anche tecniche che migliorano la proiezione del polo mammario superiore senza l'impianto di protesi ( mastopessi con “autoprotesi”).

- Per il buon esito della mastopessi si eseguono anche altri interventi complementari?
Se il seno è anche piccolo, si esegue una mastoplastica additiva, utilizzando di preferenza protesi anatomiche, perché essendo queste più proiettate a livello della loro base rispetto alle protesi rotonde, “correggono” maggiormente la ptosi mammaria, sostenendo la ghiandola dal basso; se invece il seno ptosico è anche grande, si esegue una concomitante riduzione mammaria. Spesso la mastopessi viene eseguita assieme ad altre procedure chirurgiche di rimodellamento corporeo, soprattutto l'addominoplastica, in quanto le pazienti che, ad esempio, presentano cedimento dei tessuti mammari a causa della gravidanza o di un calo ponderale, manifestano le medesime problematiche di “pelle svuotata” a livello dell'addome.

- L'intervento può svolgersi in anestesia locale con sedazione?
Certamente, oggi la maggior parte dei nostri interventi si esegue in locale e sedazione profonda: ciò consente alla paziente di recuperare presto e brillantemente, di ritornare a casa la sera stessa e di non manifestare molti effetti indesiderati legati ad una anestesia generale con intubazione.

- Il post operatorio è doloroso?
Nelle mastopessi semplici il dolore è minimo o assente, perché il “lavoro chirurgico” si limita ad un rimodellamento dei tessuti superficiali, cioè pelle, grasso e ghiandola. Nelle pessi associate all'impianto retromuscolare di protesi mammarie, la paziente può avvertire un senso di fastidio o tensione pettorale, di breve durata, legato allo stress cui è stato sottoposto il muscolo per posizionare la protesi. Niente di esagerato, comunque ben controllabile con comuni farmaci analgesici.

- Esistono delle complicanze frequenti?
Se ben eseguita, la mastopessi è quasi esente da importanti complicanze: qualche volta, soprattutto se si “forza” una tecnica a minori cicatrici rispetto ad una tecnica a maggiori cicatrici, queste potranno essere più visibili; esiste comunque sempre la possibilità, dopo l'intervento, di “ritoccare” le cicatrici con procedure ambulatoriali veloci.

- Come comportarsi prima e dopo un intervento di mastopessi?

Il preoperatorio non si discosta da qualunque altro intervento chirurgico, quindi bisognerà mantenere il digiuno dalla sera prima. Nel post operatorio si dovrà indossare uno specifico reggiseno sostenitivo per circa un mese.